venerdì 24 ottobre 2008

IL MERCANTE DI SOGNI

Il Mercante di Sogni
(terzo classificato - Premio Hermes 1°edizione 2008 - sezione racconti)
AUTORE: Rosanna Marinò

"Il protagonista del Mercante di Sogni fa i conti con Morfeo e con il Dolore. Barcolla tra realtà e istantanee intrise di nostalgia e speranza. Si smarrisce svuotato dal materialismo e dal meccanicistico divenire. Una giacca, un regalo, una caramella, un camino, una risata cristallizzano il ricordo del babbo, personale Santa Klaus, tornato in "semi-libertà" dal lavoro. Ma è solo un sogno, è il momento di andare e il sonno senza sogni spegne la smorfia, il ghigno e il sorriso".
Luigi Pignatelli

Sempre a fare i conti con quelle magre spicciole monete.
Uscire? Neppure a parlarne, meglio rintanarsi in casa. Non avrei potuto neppure offrire un caffé a quel mio amico che di tanto in tanto frequentavo. Che bieca vita!
Quasi mi addormentavo, su di una sedia, che subito mi rialzavo e da lì, sul divano, mi appisolavo. Mi sentivo smagrito e svuotato, non solo nel viso e nei calzoni; il mio stesso io faceva fatica a vivere con se stesso. Mi sentivo avvilito e stretto.
Era quella la vita che sognavo? Ma qual era il tempo in cui desideravo un futuro roseo e sfavillante?
Il ricordo stesso si era smarrito nel tempo, poi vi inciampai e lo ritrovai in pieno. Era il tempo in cui Amavo, quando attorniato da mille attenzioni e splendori, mi divertivo a giocare con la vita, pensando fossi io a tenderne le fila.
Quanti starnazzi, allegre confusioni, illusioni, vivaci Dolori!
Ora cosa rimane in fondo alle mie dita? Solo tracce di quel nettare ormai sbiadito anche nel profumo. Si era spento tutto. Ero un Niente nel Nulla.
Ad un tratto sentii le risa fragorose, meravigliosamente forti ed assordanti; provenivano dal buio dei ricordi. È il babbo, che gioca con me di ritorno da uno dei suoi lunghi viaggi, con bagagli colmi di grandi regali e dolciumi. Aspiravo il profumo della sua giacca, impregnato di freddo e di fumosi camini; arrovellandomi mi voltai ed anche quel suono scomparve.
Ora dovevo affrettarmi, era il momento di andare, andare…
Mi alzai di scatto e diressi il mio corpo verso la finestra, poi tornai sui miei passi, ora mi dirigevo verso la porta, indugiavo, barcollavo, qualcosa mancava, c’era sempre qualcosa che non tornava, e ancora sul divano.
Una smorfia, un ghigno, mentre mi rannicchio in un lungo sonno senza sogni.