venerdì 24 ottobre 2008

IL RISVEGLIO

Il Risveglio
(secondo classificato - Premio Hermes 1° edizione - sezione racconti)
AUTORE: Palma Violante

"C'è azione, sequenzialità e caratterizzazione dei personaggi, in una dimensione morale"
A.Galbiati


- Svegliati, è tardi! - gridava la signora Rose, mentre apriva freneticamente le imposte della finestra, posta sul lato destro del letto, trascinandosi dietro tutto ciò che trovava sparso sul pavimento.
Per le scale saliva l’aroma forte del caffè tostato, che si mescolava con gli odori acri della cucina del signor Bisset, un cuoco cinese, da poco trapiantato a Parigi, che aveva aperto un piccolo ristoro in un locale preso in fitto all’angolo della strada.
Facevo fatica la mattina a buttarmi giù dal letto, perché fino a tardi lavoravo per sbarcare il lunario e riuscire a pagare il fitto della mansarda, dove abitavo da due mesi.
Ogni giorno, quando aprivo gli occhi, mi ripetevo che ero stato fortunato, a differenza di quei tanti che non erano riusciti a sistemarsi decentemente e a trovare un lavoro quanto meno dignitoso.
Durante il giorno lavoravo alla panetteria di Madame Roffau e quando finivo di distribuire il pane a domicilio, cercavo sempre di frequentare il corso pomeridiano di informatica all’università; di notte ero sempre fuori ai night a rimediare qualche spicciolo
– Prego, signora, attenzione al gradino. Signore, signore, le parcheggio la macchina! Piove, signora, venga sotto l’ombrello, l’accompagno io…
La mia vita era cambiata, nel giro di due mesi. Cambiare vita… sì, ma a che prezzo? Oggi sono per tutti Thomàs, un giovane di 23 anni, lavoratore e studente; qui basta questo per essere una persona come tante altre.
- Io sono Thomàs. - ogni giorno guardavo e riguardavo la mia foto su quel passaporto che riuscii a rimediare dopo aver incontrato la bella Margotte la notte in cui arrivai a Parigi.
- Non sei di queste parti, straniero? Parli la mia lingua?
- Sì, e poi chi ti dice che non sono di queste parti?
- Beh, hai un’aria spaesata; ti guardi intorno e fissi le persone come se volessi capire se sei oggetto dei loro pensieri. Non avere paura. Qui al bistreau di Françisca sei al sicuro, se posso fare qualcosa per te, chiedi pure.
In quel momento mi sentii come un ladro scoperto dopo un furto e al contempo avvertii uno strano rilassamento che pensai di svenire; non volevo raccontare a Margotte la mia storia, senza aver prima tastato la situazione, e speravo di essere lasciato in pace per pensare alle mosse successive, ma lei
– Se vuoi parlare è OK, ma sta attento a non fidarti subito delle persone che incontrerai qui. Vedi quell’uomo? È seduto al tavolino vicino alla terza finestra. Bene, è un infiltrato dell’ufficio immigrazioni e viene spesso a bere o far finta di bere, perché si sa che da Françisca arrivano i clandestini durante la notte, è un passaggio obbligato, questo, per i tir che provengono dalla Svizzera. Se non vuoi essere pedinato dai suoi uomini e magari rimpatriato, seguimi con molte naturalezza, ti porto in un posto sicuro, in cui potrai riposare, ma solo per stanotte.
Mi alzai senza batter ciglio e la seguii fuori dal bistreau; non pronunciai una parola, tanto ero esausto e stanco; non avevo la forza neanche di pensare. Mentre salivo sulla sua macchina, guardai il suo corpo snello e aggraziato, i capelli lunghi e rossi, mossi dal vento, le incrociavano il viso, appena allungato, con due occhi verdi luminosi ed espressivi che parevano comunicare complicità e generosità.
Lei non parlò per un lungo tratto di strada; non ero più teso, piuttosto sorpreso.
- Perché stai facendo questo per me? Non mi conosci e potrei essere una persona malvagia.
- Lo so che non lo sei. E ora dimmi, che cosa ti ha spinto a venire a Parigi? O, per te, un posto vale l’altro? Cosa ti è successo?
A quel punto dovevo darle una spiegazione, ma non sapevo se dirle la verità o inventarmi una storia al momento; ero venuto dal nulla e chissà quanti altri erano venuti dal nulla come me.
Voltai lo sguardo verso di lei e non so per quale motivo, me lo chiedo ancora oggi, cominciai con voce ferma a raccontare la mia storia, non diversa da quella di chi si trovava un bel giorno senza casa, senza famiglia, senza più nulla.
Ero sopravvissuto ad una carneficina ad un’opera di guerriglieri somali, che erano entrati di notte nel mio villaggio; io riuscii a salvarmi o forse sono stato l’unico. So chi sono questi carnefici, li conosco; tra questi c’è anche mio cugino, che ha abbracciato una causa politica diversa della mia, sono convinto che quella notte c’era anche lui; per questo sono fuggito; per questo sono vissuto per giorni nell’incubo di essere preso e riconosciuto. Ho vagato clandestinamente da un camion all’altro; ho attraversato il mare nascondendomi su una nave da carico e poi sono giunto a Marsiglia.
Mentre parlavo, Margotte era attenta e ascoltava senza interrompermi; il suo volto era senza espressioni e questo mi turbava un poco, non so poi perché. Ad un tratto rallentò ed entrammo in un cortile buio; mi fece cenno di scendere dalla macchina e di seguirla senza parlare. Varcammo un atrio poco illuminato e subito sulla finestra, una porta di legno massiccio sbarrò il nostro passo; Margotte bussò.
Dopo alcuni minuti aprì la porta una signora anziana che ci invitò ad entrare; attendemmo ancora e finalmente apparve un uomo giovane e raffinato, che cominciò a parlare con uno strano accento irlandese. Non so cosa raccontò Margotte, perché non riuscivo a cogliere i significarti delle parole e delle frasi neanche attraverso i gesti così rapidi e determinati. Ad un certo punto, mi guardarono e mi sorrisero.
- Lui è Frank, un mio caro amico. Gli ho detto quello che hai passato ed è disposto ad aiutarti. Ti procurerà un passaporto falso, così potrai sistemarti a Parigi senza problemi. Naturalmente dovrai cambiare identità e da oggi il tuo nome sarà Thomàs Lescaut. Che ne pensi?
- Non so che dire, ma perché rischiate per me? Non mi conoscete e poi non ho soldi per…
- Non ci pensare, ora. Frank mi doveva un favore, e così… vieni che ti scatto una foto per il passaporto.
La seguii senza alcun indugio e come stordito, pensai di stare sul set di un film; ma era un film? Mentre ero in posa, sfoggiando un mezzo sorriso pensai al titolo del film e lo avevo trovato. Con un fil di voce dissi – L’uomo venuto dal nulla.
Margotte e Frank si voltarono insieme e mi fissarono, poi Frank
– È vero. Tu ora vieni dal nulla; sei nato oggi e quello che fosti, lo devi cancellare, perdere per sempre. Ora sei Thomàs, nato a Parigi 25 anni fa. I tuoi genitori si sono trasferiti a Bordeaux perché tuo padre ha trovato lavoro presso una agenzia agricola vinicola, ma tu hai preferito rimanere qui perché segui un corso di informatica all’università. Ti troveremo un appartamento nel quartiere latino, dove avrai anche un lavoro. Se non vuoi finire male, non rivelare mai la tua vera identità. Solo noi sappiamo e poi un giorno, chissà, il favore oggi fatto a te ritornerà a me.
Così Frank parlò e, come Dio, tracciò abilmente il mio destino.
Ora, davanti allo specchio, ripenso a quella notte e alla mia nuova vita e aspetto il giorno in cui incontrerò Dio per giocare la mia nuova partita.