venerdì 24 ottobre 2008

BEATRICE 2000

(1° classificato sezione Racconti - Premio Hermes 1° edizione 2008)
AUTORE: Anna Montella

Beatrice 2000 rivisita l’Opera dantesca in una originale trasposizione moderna. Geniale, brillante, in una narrazione che intriga. Ieri e oggi in una alchimia magica creata da un abile penna che esplicita una cultura profonda e ben sedimentata: un profondo amore per il bello scrivere"
N. D. Baronessa Elisa Silvatici
Presidente della Commissione


BEATRICE 2000

…tanto gentile e tanto onesta pare la donna mia quand’ella altrui saluta…
Beatrice ebbe un moto di stizza rileggendo quelle parole. Sembrava che Dante e i suoi genitori, con quel nome, si fossero messi d’accordo per cucirle addosso una parte che non le stava bene per niente e non le apparteneva. E poi, a suo modesto avviso, la frase era sibillina e si prestava ad un significato duplice. Quel pare stava quasi a significare che Beatrice sembrava tanto gentile e tanto onesta ma che, in realtà, chissà quali diavolerie le passavano per il cervello. E se lo capiva lei che aveva 15 anni, non si spiegava come mai non se ne fosse reso conto Dante che, oltre ad essere poeta, era anche Sommo. Mah! C’erano cose negli adulti che, davvero, sfuggivano alla sua comprensione. E poi, effettivamente, non sapeva decidersi se fosse meglio passare per un diavolo o per un angelo di “zucchero a velo” tutto casa e chiesa e, infine, Paradiso…

Ma com’è noioso il Paradiso!!! – si disse – tirando le orecchie al coniglio Michele che le passeggiava sullo stomaco e il poveretto diede in un sobbalzo di disappunto.
Dante la incuriosiva e la Commedia Divina non era poi così male ma quel nome, Beatrice, le faceva l’effetto di un “bollino blu” che la etichettava e la poneva in una posizione scomoda: occhi bassi, modestia traboccante e, ultima meta, “destinazione Paradiso”.
Fece le boccacce ad un Gianluca Grignani che cantava, accorato, in un angolo della sua mente e, preso Michele per la collottola, si alzò dal divano su cui studiava pensando a tutt’altro, e lo depositò senza troppi complimenti nella sua gabbietta, mentre il poveretto, sentendosi ingiustamente maltrattato, azzardava una mossa difensiva di karate con le zampette posteriori.

- E adesso a noi due caro il mio Dante! – borbottò tra sé, decisa a scrivere una relazione che, finalmente, avrebbe chiarito la sua posizione nella vicenda o meglio, avrebbe riscattato e reso giustizia alla sua povera omonima. Si avvicinò, bellicosa, alla sua scrivania e, afferrata la penna a guisa di spada, si accinse a demolire un pezzo di letteratura. Per fortuna di Dante e, diciamocela tutta, anche di Beatrice che, tutto sommato, in Paradiso ci stava bene e guardava con apprensione quell’adolescente che voleva rivoluzionare il mondo, il cellulare squillò prima che la penna toccasse la pagina bianca.

Dante??? E chi era Dante?!?!? Dimentica, anzi totalmente immemore della missione a cui si era votata solo un momento prima, la sua attenzione era ormai completamente focalizzata su quell’aggeggio, che il sommo poeta avrebbe, sicuramente, definito strumento di stregoneria, e che la “chiamava” con accenti striduli e disperati dal luogo imprecisato in cui lo aveva dimenticato mentre pensava di riscrivere la Divina Commedia.

Caracollando come una puledrina superò con un balzo i gradini che la separavano dal corridoio della cucina e…andò a “schiantarsi” contro la parete di fronte. Al rumore dei passi precipitosi, seguiti dal botto, sua madre non osando guardare pensò, come faceva sempre – ecco stavolta si è frantumata - ma, per fortuna, come sempre, si sbagliava.
Ammaccata ma felice, Beatrice recuperò al volo l’apparecchietto infernale prima che cessassero gli squilli e il suo volto si distese in una espressione di autentica beatitudine al suono della voce di Martina, la sua amica del cuore, che le sciorinava il resoconto delle ultime “imperdibili” novità.
La conversazione, cessata di botto per defezione del diabolico aggeggio, le strappò un urlo di raccapriccio e allora…viaaaaaa… alla conquista dell’apparecchio telefonico di casa, prima che ci arrivasse qualcun altro. Percorso all’inverso, sgommata nel corridoio (senza botto), balzo verso l’alto per superare i gradini in salita, con conseguente perdita di equilibrio e ginocchia sbucciate e doloranti ma sguardo indomito, della serie “mi spezzo ma non mi piego”.

Una breve colluttazione con la sorella, altra pretendente per il possesso della cornetta telefonica, accompagnata da urla e offese gravissime non scevre da turpiloquio, faceva battere l’altra in ritirata con propositi di malcelata vendetta e espressioni di indignata rimostranza e rivendicazioni di lesa libertà verso l’allibita genitrice che si chiedeva sgomenta: - Me le avranno mica scambiate al momento della nascita?!?
Ogni volta che lo pensava (circa dieci volte al giorno) assumeva, inconsapevolmente, una espressione così tragicamente buffa che le due guerriere ninja dimenticavano, per un momento, le loro diatribe e guardavano preoccupate quella mamma che, a conti fatti, a volte sembrava più bambina di loro, e un moto di affetto le faceva desistere dai propositi bellicosi, salvo poi ricominciare non appena lei si fosse spostata in un’altra stanza.
Le regolar tenzoni avvenivano con frequenza sistematica tra le due, ma le loro baruffe erano sempre come acquazzoni a cui seguivano subitanei arcobaleni.

Forse in fondo il "vantaggio" di avere una sorella o un fratello, durante l’infanzia e l’adolescenza, è quello di poter contare su qualcuno, non già per condividere momenti particolari (la condivisione avviene con gli “amici del cuore” del momento, da cui fratelli e sorelle sono quasi sempre esclusi), ma per poterci “affettuosamente” litigare, tiranneggiandosi a vicenda e ponendo le basi, al di la delle scaramucce (o proprio a causa di queste) per quel legame forte e così speciale che li renderà preziosi e necessari l’uno all’altro in età adulta.

E Dante? Beh anche per quel giorno la “Commedia” era salva. La piccola Beatrice aveva altro cui pensare. Il sommo poeta risistemò, con ritrovata dignità, l’alloro che gli cingeva il capo e pensò fiducioso: Domani è un altro giorno…assumendo la stessa espressione ispirata dei protagonisti di “Via col Vento”, film cult da cui la frase era tratta di peso, ma che il poeta pensava di aver coniato al momento.
La Beatrice dantesca pensò quasi di farglielo notare, ma poi ci rinunciò con un sorriso indulgente. Era inutile discutere con lui. Quando Dante si convinceva di qualcosa era davvero ardua impresa fargli cambiare idea e poi… perché dargli quel dispiacere?